Segnalato dall'amico Stefano Marini un'intervista da non perdere, fonte:
Per costruire un pastificio a Chicago ha impiegato 11 mesi, per fare lo stesso impianto a Verona 7 anni.
Sembra ancora incredulo, Gian Luca Rana: «Avevo calcolato che, per andare in produzione a Chicago,
sarebbero bastati 3 anni. Mi sbagliavo. Dall’acquisto del terreno
all’avvio delle prime linee produttive ci sono voluti appena 11 mesi».
Ecco:
Mario Monti e il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, e con loro
tutti i politici italiani che oggi stanno provando a sfoltire la
burocrazia, dovrebbero studiarsi per bene l’istruttiva vicenda americana
del Pastificio Rana di San Giovanni Lupatoto (Verona). Perché
l’ultimo passo dell’espansione internazionale dell’azienda si è appena
involontariamente trasformato nella più efficace lezione per l’Italia
delle mille assurde regole ammazza imprese.
Coincidenza ha
voluto infatti che all’inizio dello scorso settembre, proprio mentre
iniziavano a girare i motori della nuova fabbrica di Chicago, un piccolo
colosso che a regime produrrà 25 mila tonnellate l’anno di pasta
fresca e di sughi, sia partito anche il nuovo impianto veronese, nato
dal raddoppio dello stabilimento madre (50 mila tonnellate).
«Il
problema» dice Rana «è che qui, dall’acquisto del terreno al primo
tortellino prodotto, abbiamo impiegato 7 anni. E a causare
l’ultimo ritardo è stato un intoppo assurdo: il funzionario non aveva
l’auto di servizio per compiere l’ultimo sopralluogo. Così abbiamo perso
un mese. Gli ho detto: guardi che la veniamo a prendere noi, oppure le
mandiamo un taxi, e poi ci sono i mezzi pubblici… Ha risposto: mi
spiace, non si può».
Gian Luca Rana non si dà pace. «Io credo
nell’Italia» continua a ripetere, come in un mantra. «Altro che America.
Qui abbiamo inventiva, flessibilità, capacità di risolvere i problemi.
Dovremmo solo liberare le energie». E inevitabilmente pensa a Pat Quinn,
il governatore dello stato dell’Illinois, che nell’ottobre 2011 ha
voluto incontrarlo per congratularsi: «Aveva appena saputo che volevamo
impiantare la nostra fabbrica nel distretto industriale di Bartlett,
pochi chilometri a ovest di Chicago. Per lui questo significava
investimenti, più circa 200 nuovi posti di lavoro, l’economia che
gira... Insomma, era entusiasta. Mi ha detto: “Cosa posso fare per lei?”.
Alla mia replica, fra l’imbarazzato e il sorpreso, ha risposto
dedicandomi una sua segretaria, con tanto di email, per risolvere
qualunque problema».
Problemi con le autorizzazioni? Figurarsi. Cinque firme
di numero e il gioco era fatto: permessi, concessioni, tutto. «Non
solo» racconta Rana. «Passa qualche giorno e mi avvisano che il board
dell’ente pubblico che deve mettere il timbro finale sul mio progetto si
riunirà di lì a poco. Allora mi agito, perché in realtà non ho ancora
un piano dettagliato dell’impianto. Disperato, domando: come faccio? Mi
rispondono serafici che non serve: bastano spazi, idee generali, grandi linee».
Il risultato è disarmante. Per il via libera, a Chicago, sono bastati in tutto 15 giorni.
E in Italia? «Qui ogni minimo progetto ha dovuto essere realizzato in
10 copie. Ogni copia, una firma. E poi permessi, timbri... Nessun ente
pubblico parlava con gli altri; ci sono state duplicazioni di atti,
assurde perdite di tempo. La burocrazia è andata avanti di pari passo
con l’acquisto dei terreni, la progettazione, i lavori. Sette anni esatti».
Intralci burocratici dopo
il via ai lavori? Figurarsi. «A Chicago la polizia e i vigili del fuoco
venivano spesso a visitare il nostro cantiere» ricorda l’imprenditore.
«Ma chiedevano solo se c’era bisogno di aiuto, ci davano consigli sui
migliori sistemi di sicurezza».
Quando poi Rana decide
d’installare un impianto di filtraggio dell’aria condizionata e un
sistema di sicurezza che diano più garanzie rispetto alle norme
americane, i tecnici locali si stupiscono. «Chiedono: perché spendere 3
milioni di dollari in più? Ma la nostra filosofia è sempre quella,
giustamente prudente, a Verona come ovunque».
Intoppi tecnici? Figurarsi.
«A un certo punto ci rendiamo conto che abbiamo fatto male i calcoli e
non c’è spazio sufficiente per un silo e una caldaia. Preoccupato,
chiamo il solito ente e segnalo: guardate che dobbiamo ampliarci
rispetto al previsto». Un bel problema: in Italia si sarebbe bloccato
tutto per mesi. Non nell’Illinois: «Al telefono mi rispondono: “No
problem, vi diamo sicuramente il via libera. Vi bastano 48 ore per
l’autorizzazione scritta?”».
Rana ancora si stupisce. Poi guarda
fuori dalla finestra, squadra il grande parallelepipedo d’acciaio dove
oggi, finalmente, con 100 addetti in più, viene realizzata metà della
produzione europea. Ci ha investito 7 anni della sua vita e 65 milioni
di euro. «I sindaci passano» sospira «ma i funzionari restano. Sono
statali ipergarantiti. Vivono con tempi del tutto asincroni rispetto
alla politica e all’impresa. Aspettano la pensione. Per loro fare bene o
non fare è esattamente la stessa cosa. E come si meravigliano, quando
tu dici loro: ma guardi che con l’impianto vorrei dare lavoro a 100
persone in più. Rispondono: “E che c’entro io?”».
